C’è una stretta connessione tra la militarizzazione dei territori in cui viviamo e le politiche di guerra che l’attuale governo conduce in continuità con quelli precedenti. Per questo la lotta contro la militarizzazione e la costruzione di nuove basi militari deve intrecciarsi con la lotta per fermare l’escalation globale verso la guerra. In tale prospettiva “Fermare l’escalation” nasce come processo di mobilitazione di diverse realtà di lotta politica, sindacale, sociale, ecologica, transfemminista, dell’associazionismo, del mondo antimilitarista, pacifista e di quello della giustizia climatica, dei nodi territoriali contro le grandi opere, i disastri ambientali ed il fossile.
“Le guerre non scoppiano, si preparano”, è una delle espressioni che abbiamo pronunciato più volte: come possiamo fare in modo di costruire una fiducia nella possibilità di inceppare questa preparazione?
L’escalation che stiamo affrontando è globale e ha conseguenze rovinose per i territori e le vite delle persone che li abitano e attraversano. In questa realtà fatta di schemi patriarcali, guerrafondai, capitalisti ed ecocidi vogliamo andare oltre ogni binarismo, contro Putin e contro la NATO, mettendo a tema quanto sia fondante la guerra per il sistema distruttivo in cui viviamo e per la sua riproduzione e quindi rifiutandola in tutti i suoi aspetti e dinamiche.
Questo alle nostre latitudini si confronta, oltre che con il militarismo italiano, con la ripresa del nucleare civile e militare e con la con la presenza massiccia di basi e logistiche militari USA e NATO utilizzate per mantenere un ordine di dominio globale strategico i cui costi vengono pagati dalle popolazioni.
Il controllo e l’investimento sulle fonti energetiche, soprattutto fossili, rappresenta uno dei modi attraverso cui si ridisegnano le sfere di influenza mondiali dalle quali dobbiamo uscire, da est a ovest, da nord a sud. Le guerre ne sono naturale conseguenza: l’escalation militare in cui fossile e guerra sono intrecciate si configura come una forma di estrattivismo neocoloniale.
In maniera trasversale vediamo un irrigidimento ulteriore della cultura patriarcale e nazionalista e dei ruoli di genere ad essa associati, che trova massima espressione nella cultura della guerra e ne è fondamento. È in costante aumento la violenza di genere, perché la promozione del militarismo come unica prospettiva è alla base di ogni cultura dello stupro. Questo nel nostro paese si accompagna al restringimento dei diritti riproduttivi e genitoriali, che sta nel quadro di un attacco a questi diritti attivo in tutta Europa.
L’economia di guerra sottrae risorse e possibilità alla popolazione: mentre miliardi vengono spesi in armamenti e militarizzazione assistiamo alla cancellazione del Reddito di Cittadinanza, tagli ai servizi ed al welfare sempre più privatizzato. La guerra è anche uno strumento per togliere risorse allə più deboli per accentrarle nelle mani dellə più ricchə: la speculazione finanziaria sui prezzi che ha provocato l’inflazione è solo un esempio tra gli altri.
C’è inoltre una guerra portata avanti da tempo dall’Unione europea contro i corpi migranti che produce morti, dispositivi securitari e una sempre maggiore militarizzazione delle frontiere.
In questo momento, per contrastare il governo e il partito unico della guerra, c’è l’esigenza di costruire a livello generale e nazionale un processo comune di mobilitazione
contro l’escalation, che sia radicato in ogni territorio in maniera interconnessa e sinergica. In questo processo comune rientra la mobilitazione generale e nazionale del 21 ottobre, data in cui ci saranno due manifestazioni: a Pisa e in Sicilia, precedute dalla giornata di sciopero generale contro la guerra e l’economia di guerra del 20 ottobre.
I punti centrali del processo di lotta, conoscenza e organizzazione che vogliamo intraprendere riguardano:
- la cultura della pace contro quella della guerra e le forme di militarizzazione e disciplinamento negli ambienti formativi;
- il dirottamento dei fondi del PNRR e del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione verso nuovi investimenti per il riarmo e le fonti fossili;
- le occupazioni militari sui territori e la militarizzazione delle frontiere la libertà di movimento delle persone;
- le conseguenze ambientali e sulla salute delle occupazioni militari e della dimensione complessiva di escalation bellica e militarizzazione nel suo legame con l’estrattivismo fossile;
- l’aumento dei costi della vita in relazione ai salari e privatizzazione e/o assenza di servizi;
21 OTTOBRE MANIFESTAZIONE GENERALE A PISA E IN SICILIA