Sulmona No Linea Adriatica

La Commissione Ambiente e Territorio del Consiglio regionale dell’Abruzzo ha approvato alla unanimità una risoluzione con la quale impegna il presidente Marsilio “a sostenere in tutte le sedi istituzionali la posizione di assoluta contrarietà della Regione Abruzzo al progetto Linea Adriatica della Snam”.

Il tracciato del metanodotto Linea Adriatica corre lungo 106 chilometri dell’Abruzzo aquilano ma la lunghezza complessiva dell’opera è di 425 chilometri da Sulmona a Minerbio. A Sulmona è prevista anche una centrale di compressione, i cui lavori sono cominciati alcuni mesi fa.

Il sì alla risoluzione, presentata dal consigliere di opposizione del PD Pierpaolo Pietrucci, non era affatto scontato perché la Regione è amministrata dal centro destra, e proprio i voti dei consiglieri di maggioranza sono stati determinanti per la sua approvazione.

La decisione rappresenta una clamorosa smentita della linea politica del governo Meloni che ha fortemente voluto l’opera – dice Renato Di Nicola, della Campagna nazionale Per il clima fuori dal fossile – e che la sostiene come uno dei pilastri dell’anacronistico Piano Mattei e del fumoso ruolo di hub del gas che l’Italia potrebbe svolgere in Europa. Si tratta di un importante risultato politico che premia l’incessante lotta che i comitati No Snam della Regione stanno conducendo da molti anni contro un’opera inutile, dannosa e imposta dall’alto.  Questo voto è un preciso segnale che, quando le lotte sono portate avanti con determinazione e con argomentazioni serie ed inoppugnabili, anche le istituzioni sono costrette a prendere atto della volontà popolare”.

I rappresentanti dei comitati No Snam abruzzesi erano stati auditi dalla Commissione alla quale avevano rappresentato con dovizia di particolari tutte le criticità dell’opera. “Anche la Snam era stata invitata a portare all’attenzione dell’organo regionale le sue ragioni – afferma Emanuele Amadio del comitato di L’Aquila – ma la multinazionale del fossile ha preferito non presentarsi, dimostrando così che la sua asserita disponibilità al confronto con le istituzioni e con i cittadini è solo un paravento utilizzato per coprire il modo arrogante con cui impone le sue scelte ai territori”.

Tra i punti più qualificanti della risoluzione spicca il fatto che la Linea Adriatica è definita “un’opera non necessaria, in quanto le infrastrutture metanifere italiane sono ampiamente in grado di assicurare il fabbisogno del gas del nostro Paese”. Di conseguenza è “un crimine economico spendere 2 miliardi e 500 milioni per un’opera inutile e che sarà pagata dai cittadini attraverso un immotivato aumento delle bolletta energetica”.

La risoluzione evidenzia le tante criticità del progetto: tali impianti “essendo a forte rischio di esplosione, non sono compatibili con territori altamente sismici”, come l’Abruzzo e l’intero Appennino. E ancora: “i danni all’ecosistema in molti casi saranno irreversibili” poiché per realizzare il gasdotto da Sulmona a Minerbio “dovranno essere abbattuti due milioni di alberi”. I lavori, inoltre, “interferiranno in modo fortemente negativo con aree di elevato valore archeologico e storico e con aree fragili sotto il profilo idrogeologico”. Anche l’economia dei territori coinvolti sarà pesantemente penalizzata in quanto l’opera comporterà “la sottrazione e limitazione di centinaia di ettari di terreni agricoli e di uso civico, e causerà una svalutazione dei terreni e degli edifici sia privati che pubblici”.

Il dispositivo della risoluzione impegna il presidente della Regione Marsilio a chiedere al governo Meloni una moratoria  sulla realizzazione dell’opera (metanodotto e centrale) allo scopo di raggiungere i seguenti obiettivi: approvare una normativa che individui le aree idonee per le infrastrutture metanifere, escludendo i territori ad alto rischio sismico ed idrogeologico; sottoporre il progetto ad una nuova Valutazione di Impatto Ambientale; sottoporre l’opera ad una approfondita valutazione costi/benefici; approvare una nuova normativa sulle distanze di sicurezza in quanto le norme attuali non garantiscono la incolumità dei cittadini; apporre il vincolo culturale sul sito della centrale a case Pente di Sulmona dal momento che gli scavi di archeologia preventiva hanno confermato l’elevato valore storico dell’area.

Sappiamo bene che una risoluzione non ha il valore di una legge – dice Mario Pizzola del comitato di Sulmona – ma sappiamo anche che il Consiglio regionale è l’organo di indirizzo della Regione e che quindi il presidente e la giunta sono tenuti a dare esecutività alle sue determinazioni. Metteremo in atto ogni possibile iniziativa, democratica e nonviolenta, affinché il presidente Marco Marsilio dia piena e rapida attuazione a quanto deciso dalla Commissione con i poteri del Consiglio”.